Non ha una pagina pubblica su Facebook, su Twitter (@NoriTrausta) ha “appena” 1500 followers, molti dei quali freschi di conoscenza: fino a ieri pomeriggio era un perfetto carneade per il calcio continentale e alla voce “segni particolari” non si discosta dal trend comune ai suoi 320mila connazionali. Amore per la pesca e per le scarpe, soprattutto se ginniche. Come un giovane qualunque, omaggia Scholes, Thiago Alcantara e Cristiano Ronaldo, ma ieri pomeriggio, con una zampata felina, ha fatto tremare il più sismico degli Stati del Continente: la piccola grande Islanda, rivelazione «ma non troppo” (Ct Lagerback dixit) di Euro 2016. Arnór Ingvi Traustason è il Normal One del giorno nell’estate -si fa per dire, oggi la minima recita quota 7 gradi- di Rejkjavik. Nella “livella” del calcio il suo centro al 94’ contro l’Austria è valso il pass per il secondo posto nel girone F e la sfida all’Inghilterra. Due isole a confronto, ma le similitudini si fermano qui. Gli inventori del calcio contro i perfetti sconosciuti.
«Chi ha segnato l’1-2? ….son». Chi di voi non ha ricevuto questa risposta dall’amico o dal collega di turno ieri, chiedendo incuriosito quale fosse il finale da Saint Denis. E già, perché l’Islanda è la Nazionale dalla desinenza omogenea, ma dalle mille variabili. Come tante reti in questo Europeo, il gol valso il secondo posto, e solo per peggior differenza reti nei confronti dell’Ungheria, è maturata a pochi attimi dal fischio finale: Austria tutta in avanti, cholismo in salsa islandese che resisteva grazie anche al palo colpito da Dragovic (perché tanti difensori centrali dagli 11 metri?) dal dischetto e tre contro uno all’ultima curva. Cross sul secondo palo, Traustason -“Arni” per gli amici- in scivolata e Almer che si arrende all’ultima battaglia. Una rete che ha fatto impazzire i tifosi nordici e il commentatore islandese Guðmundur Benediktsson, letteralmente esploso di gioia in diretta.
Estasi. E dire che per Traustason quello era il quarto pallone toccato in Euro 2016: due panchine contro Portogallo e Ungheria, una convocazione maturata senza grandi aspettative, nonostante l’ottimo score in Nazionale -sono cinque le reti in nove partite- e i galloni di 20esimo (portieri esclusi) in dote. Ma in una nazione dove ti insegnano che se il tempo non ti piace, basta aspettare cinque minuti e andrà ancora peggio, la legge di Murphy non fa paura: ha saputo aspettare e ha fatto salire l’Islanda in seconda fila nella pazza giostra dei risultati. Nel suo passato ci sono Keflavík, Sandnes Ulf, Eliteserien e Norrköping. In Svezia ha superato le colonne d’Ercole del calcio di casa, con 12 reti in 56 partite, bottino niente male per un centrocampista offensivo di 23 anni, e la conquista di Allsvenskan e Supercupen nell’anno di grazia 2015.
Il suo futuro? Nemmeno a dirsi, sarà in Austria. Nel Rapid Vienna, che pochi giorni fa ne aveva rilevato il cartellino: il social media manager della formazione della Capitale non è stato buon profeta ieri pomeriggio, quando all’ingresso in campo aveva “accolto” su Twitter Traustason ricordandogli che dell’Austria ormai lui è un “amico”.
Sorry, Arnor #Traustason – Heute brauchst Du kein Tor gegen Team Austria machen, hebe Dir das für Spiele gegen @FKAustriaWien auf 😉
— SK Rapid Wien (@skrapid) 22 giugno 2016
Ma gli islandesi sono così: non fanno sconti a nessuno, come successo con Cristiano Ronaldo. Che ora si ricorderà chi sono Gunnarsson e compagni. Quelli che hanno esportato in Francia circa 50mila connazionali -il 18%, ma qualcuno starà lavorando in Islanda?- dal profondo Nord, quelli che hanno fatto ballare l’Haka ispirata al brusìo del geyser a Parigi, quelli che al primo Europeo hanno superato il girone senza neanche una sconfitta. E che nemmeno vogliono sentir parlare d’impresa: «Abbiamo fatto qualcosa d’importante, ma fa parte del calcio -ha ricordato il sergente Lagerback- ci abbiamo messo tutto quello che abbiamo». E poco importa se alla domanda «chi ha segnato? » risponderemo sempre «….son».